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Il ’900 è stato il secolo dello sviluppo industriale, soprattutto dell’industria meccanica e metallurgica. Ed è stata la grande impresa a governare la produzione e a rimodellare il territorio.
Un equilibrio accettabile tra situazione ecologica, insediamento umano abitativo e produttivo ed esigenze economiche s’è mantenuto fino a metà del ’900. Nella seconda metà del ’900, invece, l'espansione accelerata del sistema metropolitano legata all'industrializzazione ha trasformato il sistema delle acque da fonte di ricchezza in fonte di povertà.

Dal punto di vista idrologico il fiume Lambro ha un carattere un po’ bizzoso: in epoche recenti generalmente è percorso da una modesta quantità d’acqua, ma piogge violente o prolungate possono dare origine a fenomeni di esondazione.
Nel 1951 un’inondazione fece crollare il ponte tra San Maurizio e Sesto costringendo gli abitanti dell’altra sponda ad attrezzare una barcatraghetto per raggiungere il posto di lavoro.

A sinistra, il vecchio ponte Sunderasco. A destra, quel che rimane del ponte tra Sesto e Cologno dopo l'inondazione del 1951
A sinistra, il vecchio ponte Sunderasco prima dell'alluvione del 1951 che lo distrusse. A destra, quel che rimane del ponte tra Sesto e Cologno dopo l'inondazione del 1951. Fotografie tratte dal libro Cassina de Gatti Corte di Monza: un borgo e la sua gente, di Enrico Gatti, Athos Geminiani, Daniela macchi, Renzo Macchi, Enrico Piazza, Bruno piodelli, Gianluigi Sardi, Sestante ed.

Nel 1958 il fiume in piena provocò danni pesanti, e nel 1963 e 1976 le acque tracimarono in corrispondenza del ponte tra San Maurizio al Lambro e la Cava Melzi, travolgendo ciò che incontravano sulla propria strada.

San Maurizio al Lambro, 1963. La cava Falck, dove oggi sorgono le collinette Falck, durante l'inondazione del Lambro.
San Maurizio al Lambro, 1963. La cava Falck, dove oggi sorgono le collinette Falck, durante l'inondazione del Lambro. La foto è tratta dal sito di Muvi, Museo Virtuale della Lombardia, e proviene dall'archivio familiare di Arturo Grendanin.

In tempi più recenti gli eventi di piena più gravi hanno interessato gli abitanti del quartiere Pelucca a Sesto nel 1997 e quelli di Cologno nel 2002.

Ma quali sono i fattori che hanno generato o comunque aggravato il rischio idraulico?
Le cause sono molteplici:

  • urbanizzazione ed edificazione invasiva
    Tra Monza e Milano buona parte dello spazio disponibile vicino alle sponde è stato edificato. A guardarlo oggi, il fiume non ha più una vera e propria golena, cioè quell’area compresa tra l'argine maestro e il letto del fiume, che rimane all'asciutto durante i periodi di magra e si riempie durante la piena, ammortizzando l’urto delle piene più forti. L’area golenale coincide praticamente con l’alveo di magra del fiume.
  • impermeabilizzazione artificiale dei suoli
    L’urbanizzazione eccessiva rende i suoli meno permeabili e presuppone lo sviluppo delle reti di drenaggio urbano. Ciò fa sì che anche piogge non eccezionali provochino deflussi più cospicui e rapidi, quindi più pericolosi, contribuendo alla formazione di onde di piena.
  • riduzione della portata e modificazione del regime idraulico
    Troppa acqua è stata prelevata per usi economici: per l’irrigazione agricola e per la produzione industriale. Inoltre sono stati costruiti molti ponti per l’attraversamento, ma spesso con luci insufficienti. Così queste strettoie artificiali ostacolano il normale deflusso delle piene. Bisogna anche considerare che più di un quinto di tutto il fiume è chiuso da opere di arginatura, circa la metà in muratura, costruite per tutelare gli edifici in prossimità del fiume. L’arginatura artificiale aumenta la velocità di deflusso delle acque, moltiplicandone la potenza e la pericolosità, semplicemente trasferendo più a valle il problema dell’onda di piena.
  • sconvolgimento del sistema irriguo.

L’altro grave problema che riguarda il Lambro è di tipo sanitario: l’inquinamento grave del sistema delle acque superficiali e sotterranee.

Tra gli anni ’60 e ’70 si è parlato addirittura di morte del fiume. Morie di pesce, spessi strati di schiume galleggianti, acque di ora in ora di colore diverso a seconda dei prodotti chimici che le aziende vi scaricavano.
Insomma il fiume Lambro è stato ridotto a fogna a cielo aperto, e cancellato dal paesaggio. Ci si ricordava del fiume solo in caso di esondazione, e quindi di danni alluvionali e diffusione di liquami.